Onorevoli Colleghi! - Nel settembre del 1943 i tedeschi deportarono, nei territori del Terzo Reich, come «preda bellica», circa 700.000 militari italiani fedeli al proprio esercito, al fine di disarmare le Forze armate italiane, fino all'8 settembre alleate della Germania a tutti gli effetti, nonché per impedire un loro presumibile reimpiego contro il Terzo Reich e poter procedere con maggiore sicurezza all'occupazione militare del territorio italiano e dei territori europei già occupati dagli italiani, imponendovi l'autorità germanica.
      Dopo il trasferimento forzato, Hitler non li riconobbe come prigionieri di guerra (KGF), ma li volle classificare come internati militari italiani (IMI), classificazione impropria in questo contesto, perché secondo il diritto internazionale è infatti da considerare internato il militare di una potenza belligerante che entra nel territorio di una potenza non belligerante. In questo modo si è voluto sottrarre questi internati al controllo e all'assistenza del Comitato internazionale della Croce rossa e privarli delle garanzie previste dalla Convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra del 1929. Alla brutale deportazione fecero seguito venti mesi di inaudite violenze fisiche e morali. I prigionieri subirono

 

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la fame, le malattie, i lavori forzati, dissimulati dall'ipocrita etichetta del «lavoro civile volontario-obbligato». Il regime hitleriano, aggirando completamente l'osservanza delle norme dei trattati internazionali, privò i militari dello status di prigionieri di guerra e li rese, nei fatti, suoi «schiavi». Adesso la nuova Germania, a distanza di più di cinquant'anni, con una legge dell'agosto del 2000, ha istituito una Fondazione, «Memoria, responsabilità e futuro», che predispone un programma di indennizzi a favore dei cittadini di quei Paesi che, durante il regime nazista, sono stati deportati nei lager posti sul territorio tedesco od occupato da Forze armate germaniche. Con tale legge la Repubblica federale di Germania intende saldare il debito contratto dalla Germania nazista nei confronti di tutti coloro che aveva espropriato dei propri diritti.
      La legge in questione, istitutiva di una forma di indennizzo, esclude però dal godimento del beneficio i prigionieri di guerra, in quanto la citata Convenzione di Ginevra a cui sono soggetti riconosce alla potenza detentrice la facoltà di far lavorare i prigionieri, salvo che in attività connesse alla produzione bellica. Con un'operazione che si può abbastanza facilmente definire «funambolica», la Germania dà e allo stesso tempo toglie: Hitler aveva infatti privato i prigionieri di guerra della loro dignità di militari, non classificandoli come prigionieri di guerra ma come IMI, ed ora la Germania, con un lodo di parte, li considera prigionieri di guerra privandoli, nei fatti, della possibilità di usufruire del beneficio istituito come riconoscimento dell'ingiustizia subita.
      Con la presente proposta di legge si intende dunque, finalmente, fare in modo di offrire un vero riconoscimento al sacrificio dei cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati e costretti al lavoro forzato nei lager nazisti e nei territori del Terzo Reich. Il provvedimento, tra le altre cose, prevede la concessione di un indennizzo simbolico (articolo 1, comma 3) e l'istituzione di un Fondo presso il Ministero della difesa (articolo 2).
 

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